Quanto indietro nella storia affonda le sue radici una professione come quella del dentista? Lo sviluppo dell’odontoiatria nell’antichità è profondamente interconnesso con la nascita e con l’evoluzione della medicina umana. Grazie ai documenti storici arrivati fino a noi, le prime tracce di interventi sulla dentatura si possono rintracciare in epoca molto antica. Per questo inizieremo approfondendo gli albori della pratica dentale, in un excursus che arriva alla vigilia dell’età moderna.
Le origini: da sumeri ed egizi a greci e romani
La presenza di carie è stata documentata in denti provenienti da crani risalenti a circa25mila anni fa, mentre le prime fonti scritte che si riferiscono al fenomeno della “carie”, invece, appartengono ad un testo sumerico del 5.000 AC, dove vengono citati dei cosiddetti “vermi dentali”.
L’esistenza di piccoli animaletti capaci di scavare cavità nei denti e quindi responsabili della maggior parte dei malanni ad essi collegati, è stata ritenuta veritiera sotto diverse forme fino a tempi molto più recenti, attraversando le civiltà greche e romane, fino al medioevo. Perfino ai giorni nostri, complici le innumerevoli bufale che girano sul web, è possibile trovarne traccia.
Ad ogni modo, è al tempo della civiltà egizia che si può rintracciare per la prima volta una figura paragonabile a quella degli attuali dentisti. Già papiri del 3.700 AC trattano di malattie dei denti e descrivono ricette da applicare in bocca per dare sollievo dal dolore, mentre i primi riferimenti alla figura del dentista possono essere trovati in testi, sempre egizi, risalenti al 2700 AC, dove viene citato un medico specializzato nel trattamento dei denti.
La figura di Hesyra, in particolare, è notevole da questo punto di vista: vissuto nel terzo millennio AC, era conosciuto alla corte del faraone Netjerykhet con il titolo di “Capo dei dentisti e dei medici”.
Prima di lui visse Hesy-Re, scriba egiziano, spesso chiamato il “primo dentista”, sulla cui tomba si trova l’iscrizione “il più grande di coloro che si interessarono ai denti e di tutti i medici”, ed è la prima testimonianza storica che fa riferimento ad un’attività dentistica.
Tra i greci, trattarono di odontoiatria Aristotele e Ippocrate, che tra il 500 e il 300 AC, menzionarono l’eruzione dei denti, il trattamento dei denti cariati e delle malattie gengivali, l’estrazione tramite forcipe, e l’utilizzo di filo metallico per fissare denti mobili o fratture della mascella.
Gli etruschi avevano abili dentisti, già in grado nel 700 A.C. di confezionare dentiere: in alcune tombe etrusche sono state rinvenute larghe bande di puro oro con incastonati denti finti, progettate per adattarsi ai denti naturali e supplire a quelli mancanti. Queste opere erano così pregiate che nell’Impero Romano venne addirittura istituita una deroga alla Legge delle Dodici Tavole, che vietava le sepolture di salme con dell’oro. Questa raffinata tecnica si perse poi dopo la caduta dell’Impero.
I dentisti medioevali e rinascimentali: monaci e barbieri
Prima di iniziare l’investigazione della pratica odontoiatrica medievale, bisogna spostarsi momentaneamente dal vecchio continente: fu la civiltà Araba, che fioriva mentre l’Europa attraversava l’oscurità del Medioevo, che portò avanti lo sviluppo delle conoscenze mediche, in particolare l’Anestesiologia e la Chirurgia anche a livelli complessi. Risale infatti all’XI secolo il trattato scritto da Abulcasis, un dentista arabo nato vicino Cordova in Spagna, che descrive estrazioni, riduzioni di fratture e cura delle mandibole slogate.
In Cina, nel 700, si può rintracciare in un testo medico la menzione dell’uso di una particolare “pasta d’argento”, un primo tipo di amalgama dentale.
In Europa, tra il 500 e il 1000 il ruolo di dentisti veniva in ricoperto principalmente dal clero: preti e monaci, che al tempo erano la categoria che poteva accedere al più alto livello di educazione.
Essi venivano spesso assistiti nelle loro pratiche chirurgiche dai barbieri, che visitavano i monasteri, e le cui lame affilate si rivelarono utili alla chirurgia.
Furono proprio i barbieri ad ereditare la pratica dentale quando, tra il 1130 e il 1163 una serie di editti papali vietò ai monaci di eseguire operazioni chirurgiche, impedendo alla categoria di conseguenza anche l’esecuzione di estrazioni e altre pratiche odontoiatriche.
In Francia nel 1210 venne istituita la “Gilda dei Barbieri”, che divideva i barbieri in “chirurghi”, che avevano strumentazioni e capacità adatte a svolgere interventi più complessi, e “barbieri-chirurghi”, che affiancavano al taglio di barbe e capelli attività considerate più semplici, come le estrazioni dentali e i salassi.
Progressivamente, in tutta Europa, divieti e regolamentazioni portarono i barbieri ad abbandonare la pratica dentale, per dedicarsi soltanto alle attività di parrucchieri.
In Italia la Corporazione dei Barbieri venne istituita nel 1271 nella Repubblica di Venezia. Prova del ruolo centrale dei barbieri-chirurghi, a volte chiamati anche “cerusici” (dal greco “cheir-cheiros“: mano e “ergon“: lavoro, che divenne “chirurgicus” e, più tardi, “cirugicus-cirugico” e infine “cerusicus-cerusico“), è il fatto che quello che viene ritenuto il primo libro incentrato sulla pratica dentale in lingua italiana, fu scritto da uno di loro: si tratta di “Nuoua et vtilissima prattica di tutto quello ch’al diligente barbiero s’appartiene” del napoletano Cintio D’Amato, pubblicato nella seconda metà del 1600.
Tuttavia, il primo libro in assoluto dedicato interamente alla disciplina dentistica aveva visto la luce nel 1530 in Germania: scritto da Artzney Buchlein, comprendente tematiche quali l’igiene dentale, estrazioni, perforazioni e la posa di otturazioni d’oro.
Il francese Ambrose Paré, spesso riconosciuto come il padre della chirurgia, pubblicò a metà del 1500 la sua Opera Completa, in cui si trovano numerose informazioni pratiche di odontoiatria, come l’estrazione dei denti, il trattamento dei denti cariati e le cura delle fratture mascellari.
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